Intervista del Giornale di Vicenza – La Colonia macabra del Cile
Nuovi testimoni sulla prigione ai tempi di Pinochet, già villaggio tedesco negli anni ’60 con una fama sinistra: l’avvocato cinefilo ci lavora dopo il film di Gallenberger
Si parte dal passato per raccontare vicende che ancora oggi non sono molto chiare. Un velo di omertà, forse di paura, copre un episodio che l’avvocato- documentarista vicentino Franco Lovato sta cercando di svelare nel suo prossimo lavoro. L’obiettivo della macchina da presa è puntato su Colonia Dignidad, oggi Villa Baviera, un villaggio cileno a 400 chilometri a Sud di Santiago sulla sponda settentrionale del fiume Perquilaqüen (nella Regione del Maule).
«La Colonia — racconta Lovato – fu fondata , anche grazie all’aiuto dell’ambasciatore cileno presso la Repubblica Federale Tedesca, Arturo Maschke, con il nome di Sociedad Benefactora y Educacional “Dignidad”, nel 1961 da circa 200 coloni tedeschi che lasciarono alle spalle miseria e povertà accompagnati dal loro capo indiscusso Paul Schäfer. Allora, le attività economiche erano legate all’agricoltura. C’erano le scuole, un ospedale, due piste di atterraggio un ristorante e una centrale elettrica. Tutta l’area era circondata da una barriera elettrificata con tor- rette d’osservazione armate».
Lovato è abituato a scavare, la Germania è la sua seconda patria e gli ha consentito di formarsi nell’ambito di una cultura mitteleuropea, caratteristica che gli permesso di fare della storia contemporanea un punto di osservazione importante per raccontare e girare documentari.
«Schäfer — prosegue Lovato- fu un caporale infermiere della Wehrmacht durante la seconda guerra mondiale.
Aveva perso un occhio in giovane età e quindi non poté mai ambire al grado di ufficiale. Quest’uomo, legato ad una chiesa anabattista, nel dopoguerra in Germania aveva dato origine ad una casa di accoglienza per ragazzi in difficoltà. Accusato di pedofilia lasciò il paese accompagnando i primi coloni nel villaggio
cileno. Villa Baviera, oggi appare come un Nillaggio turistico, ha cambiato nome, eppure aggiunge Lovato nell’aria si coglie qualcosa di
strano, di oscuro. Pensare alla Dignidad fa gelare il sangue ancora oggi. Si tratta di un luogo misterioso e chiuso al mondo. I bambini allora venivano separati dai genitori.
Gli uomini dalle donne. Qualsivoglia rapporto era proibito. Gli adulti venivano chiamati dai bambini “zii” e “zie”.
I residenti lavoravano moltissime ore al giorno indossando vestiti di foggia bavarese e le canzoni erano sempre intonate in tedesco. Il sesso era bandito e ai residenti venivano somministrati farmaci per ridurre il desiderio. Il pestaggio e la tortura in caso di trasgressione, rappresentavano un arricchimento spirituale secondo il leader Schäfer che si faceva chiamare anche “Pius”».
Si scoprì più tardi che questo fantomatico santone aveva precedenti già in patria dove era stato accusato di aver abusato sessualmente di alcnni ragazzi. «Nella colonia nessuno poteva andare oltre il re-
cinto. Il primo a scappare da quell’orrorefu, nel 1967 il giovane Wolfang Müller. Malgrado la denuncia in Germania pochi gli credettero. Durant&il regime di Pinochet diventò anche un centro di detenzione e tortura. Lo testimoniano documenti provenienti dalla Cia e Simon Wiesenthal, testimonia che il dottor Josef Mengele, sia stato ospite della Colonia. Lì vennero testati gli effetti del gas letale Sarin che la Dina (Di-
reccion de Inteligencia Nacional) usò contro gli oppositori al regime».
Del villaggio bavarese s’inizia a parlare nel 1980 grazie alle denunce di Amnesty International e di qualche articolo sul Washington Post, ma non accade nulla. Infatti bisogna attendere la fine della dittatura nel 1990 perché qualcosa cominci a muoversi. La colonia rimane chiusa ai “curiosi”. «Nel 1997 — riprende Franco Lovato- Schafer fugge in Argentina. Nel giugno e nel luglio del 2000, la polizia cilena trova un ingente deposito d’armi all’interno del villaggio, successivamente ne trova un altro fuori. Nel 2005 arrestato ed estradato in Cile, Schafer venne condannato a 33 anni di carcere per crimini sessuali sui minori, possesso illegale d’arma da armi da fuoco, genocidio e tortura. Morirà in carcere a Santiago nell’aprile del 2010 per un infarto».
Nel 2015 il regista tedesco Florian Gallenberger colpito dalla testimonianza di un “ex colono” gira un film intitolato “Colonia”, la macabra storia di questo Nillaggio.
La critica è feroce giudicando la pellicola “superficiale”, anche se la società cilena e la diplomazia tedescalo accolsero con grande interesse. Durante la proiezione davanti ad un gruppo di vittime nell’aprile 2016 al dicastero delle relazioni internazionali il ministro tedesco, Frank-Walter Steinmeier ha sentito il dovere di scusarsi davanti al pubblico per l’atteggiamento passivo e remissivo della Germania Federale in quel periodo definendolo un “capitolo oscuro”.
L’archivio politico è stato desecretato per far luce sulla trau gedia. Il film non è ancora uscito nelle sale in Cile. «Ho incontrato il regista Gallenberger un mese fa in Germania – conclude Lovato- La sua te- stimonianza ci serviva per il documentario che sarà pronto la prossima estate e che conterrà nuove informazioni su quella che fu un’autentica colonia degli orrori».
Tratto da Il Giornale di Vicenza
Chiara Roverotto
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